“Il piú solido piacere di questa vita è il piacer vano delle illusioni. Io considero le illusioni come cosa in certo modo reale, stante ch’elle sono ingredienti essenziali del sistema della natura umana, e date dalla natura a tutti quanti gli uomini, in maniera che non è lecito spregiarle come sogni di un solo, ma propri veramente dell’uomo e voluti dalla natura e senza cui la vita nostra sarebbe la piú misera e barbara cosa ec. Onde sono necessari ed entrano sostanzialmente nel composto ed ordine delle cose.”
tratto da ‘Zibaldone di pensieri’
di Giacomo Leopardi
“Il piú solido piacere di questa vita è il piacer vano delle illusioni. Io considero le illusioni come cosa in certo modo reale, stante ch’elle sono ingredienti essenziali del sistema della natura umana, e date dalla natura a tutti quanti gli uomini, in maniera che non è lecito spregiarle come sogni di un solo, ma propri veramente dell’uomo e voluti dalla natura e senza cui la vita nostra sarebbe la piú misera e barbara cosa ec. Onde sono necessari ed entrano sostanzialmente nel composto ed ordine delle cose.”
tratto da ‘Zibaldone di pensieri’
di Giacomo Leopardi
In un silenzio che non è sostanza ma somma delle perturbazioni periodiche del vissuto quotidiano la realtà appare come una scatola in cui riporre tempo e spazio. In cui l’unico vuoto concepibile è materiale poiché è l’unico colmabile.
Eppoi, alcuni guardano altrove.
Con lo sguardo superano la montagna e intuiscono ciò che non vedono, né possono toccare.
Si fermano, prendono posto, chiudono gli occhi e in quel mistero si riconoscono.
Si accorgono di un’altra dimensione umana, abbandonano qualunque sistema di misura. Realizzano che il vuoto è un altro, che il silenzio ha a che vedere con l’armonia e che la realtà ha una consistenza eterea.
Così l’uomo si manifesta non come essere finito che controlla, ma come creatura che non ha controllo se non della sua capacità di tendere all’infinito. Lo fa attraverso la speranza, l’illusione, l’immaginazione, lo fa attraverso la propria mente e la propria anima.
E questa dipendenza sa di serenità.
In un silenzio che non è sostanza ma somma delle perturbazioni periodiche del vissuto quotidiano la realtà appare come una scatola in cui riporre tempo e spazio. In cui l’unico vuoto concepibile è materiale poiché è l’unico colmabile.
Eppoi, alcuni guardano altrove.
Con lo sguardo superano la montagna e intuiscono ciò che non vedono, né possono toccare.
Si fermano, prendono posto, chiudono gli occhi e in quel mistero si riconoscono.
Si accorgono di un’altra dimensione umana, abbandonano qualunque sistema di misura. Realizzano che il vuoto è un altro, che il silenzio ha a che vedere con l’armonia e che la realtà ha una consistenza eterea.
Così l’uomo si manifesta non come essere finito che controlla, ma come creatura che non ha controllo se non della sua capacità di tendere all’infinito. Lo fa attraverso la speranza, l’illusione, l’immaginazione, lo fa attraverso la propria mente e la propria anima.
E questa dipendenza sa di serenità.